Pmi e digitalizzazione: solo 1 su 4 è tecnologicamente avanzata

 

L’italia è il secondo Paese manifatturiero in Europa, anch’esso coinvolto da quella che è stata definita la quarta rivoluzione industriale. L’uso di nuove tecnologie e l’elevata specificità delle skills richieste da questo processo, non trova però pronte le PMI italiane. L’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano ha presentato uno studio a Torino a febbraio 2020, in occasione della 14esima edizione della Fiera Internazionale dell’A&T-Automation &Testing, in cui si rende noto che solo 1 PMI su 4 è tecnologicamente avanzata.

 

La nuova rivoluzione industriale: Industria 4.0

La storia ha conosciuto finora tre rivoluzioni industriali: nel 1784 con la nascita della macchina a vapore; nel 1870 con la produzione di massa e nel 1970 con la nascita dell’informatica. Nel 2011 in Germania, alla Fiera di Hannover, venne coniato il termine di Industria 4.0, per indicare i cambiamenti che le nuove tecnologie continuano ad apportare alle dinamiche dell’industria, tra automatizzazione e interconnessione. La quarta rivoluzione industriale è ancora in corso e si muove lungo diverse linee. La prima riguarda la centralizzazione e conservazione delle informazioni con i big data, open data, Internet of Things, machine-to-machine e cloud computing. I dati vanno poi analizzati, portando quindi alla seconda linea di sviluppo dell’industria 4.0, e cioè il machine learning. Ci sono progressi importanti per quel che concerne l’interazione uomo-macchina, come i touch screen e la realtà aumentata e infine, strumenti manifatturieri come le stampanti 3D che consentono un passaggio immediato dal digitale al reale, con un impatto sulla catena di produzione.

 

Questo genere di innovazione ha un costo non solo monetario, perché incide in maniera significativa anche sull’organizzazione aziendale, sulle figure professionali coinvolte e sul know-how.

 

PMI italiana e industria 4.0


Nella realtà economica italiana le aziende dai 10 ai 249 dipendenti rappresentano il 5% del totale, ma da sole producono il 41% del fatturato. Da qui nasce l’importanza di adeguare i processi produttivi e dirigenziali all’industria 4.0 anche in Italia.
Questo è però un processo ben lontano dall’essere completo. Secondo lo studio dell’Osservatorio sulle PMI del Politecnico di Milano, infatti su 1500 PMI italiane solo 1 su 4 è tecnologicamente avanzata. Queste basse percentuali (26%) intaccano pesantemente la competitività del comparto sul piano internazionale.

 

Il primo grande ostacolo, che ha portato a una vera e propria stagnazione dell’innovazione digitale nel 2020, è la visione imprenditoriale improntata sul breve termine.

 

Le ragioni che frenano gli imprenditori italiani sono differenti:

  • I costi di acquisto dei prodotti digitali, considerati come troppo elevati (27%);
  • La mancanza di competenza e di cultura digitale nell’organizzazione (24%);
  • Lo scarso supporto da parte delle istituzioni (11%) che si accompagna, soprattutto al Centro-Sud, ad una scarsa conoscenza da parte degli imprenditori degli incentivi messi in campo dal Governo, come il voucher digitale.

 

Per innovare inoltre, servono competenze specifiche. Il problem solving è una delle soft skills più importanti, ma sono necessarie hard skills di cui non sempre il comparto dirigenziale è dotato. Solo nel 20% delle aziende infatti, esiste la figura dell’Innovation Manager e solo il 18% del campione ha al suo interno una figura dedicata ad un singolo comparto digitale, come ad esempio un eCommerce manager. Il 18% non ha alcuna figura dedicata e nel 44% delle PMI il Responsabile IT si occupa di tutto il comparto Digital e ICT, limitandosi però a manutenzione ordinaria e senza spinte innovatrici.

 

L’industria 4.0 comporta una un’innovazione tecnologica improntata all’interconnessione e all’automatizzazione. Le PMI italiane sono una parte rilevante del comparto economico e produttivo italiano, ma ancora inadeguate a raccogliere la sfida globale. Solo il 26% delle PMI italiane è tecnologicamente avanzata ed è soprattutto nella mentalità dirigenziale e nella mancanza di competenze che vanno cercate la ragioni di questa stagnazione. È indispensabile restare al passo, per evitare che la concorrenza schiacci l’industria nazionale.

 

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